








Una
offerta inattesa, uno stimolo imprevisto o anche una scelta
ispirata dall'esterno possono essere il suggerimento necessario,
l’anello mancante. Accettarlo è sempre una sfida, il cuore
gettato oltre l’ostacolo. Poi, dopo la stagione delle domande
arriva invariabilmente quelle delle risposte, come un monte
dalla cui vetta finalmente iniziamo a scendere e ci capita di
vedere con chiarezza al di là dei desideri abituali, dei
pregiudizi dell'orgoglio e dell'accidia, mentre la sottile voce
della coscienza ci suggerisce le parole giuste, ci propone le
visioni illuminanti. In quella discesa c’è ancora tutta la
fatica dell’impresa sostenuta ma inizia anche a prendere corpo
la soddisfazione, mentre ci accorgiamo che la voce non aveva mai
smesso di suggerire e di colpo siamo noi ad avere aperto le
orecchie.
CNN
Corriere
NYT
Lettera 22
National Geografic
FORBES
El Universal
ComIt - Rio
Foglio
Espresso
Panorama
Giornale

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Le
strade di Rio
Niente paura, dopo la tragedia arriva l'allegria!
Al Posto 5 di Copacabana sono avvistate le alte onde
della risacca, prova che dopo un temporale, per quanto tragico, arriva
sempre un beneficio da sfruttare. I cavalloni si oggi e domani mattina
raggiungono anche i 6 metri di altezza, prontamente cavalcati con tavole
o col semplice bodysurf. A Ipanema la forza della natura ha indossato
una mise meno sguaiata, in linea con lo stile chic di rua
Farme...
10 apr 2010
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Si balla dopo la tempesta
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Acqua alta a Catete

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Le
notti di Lapa
Quando mi sfiancano non so tacere.
"Hai mai malhato?
Quando eri giovane hai mai fatto palestra?
"No.
"In Italia non piace?
"In Italia piacciono i tipi magri.
Un corpo longilineo è indice di ricchezza, sono i poveri che si
dannano sui muscoli.
"Ma...ma... a una donna non piace
un tipo con i muscoli?
"Alle donne piacciono quelli coi
soldi...
Sembra ripetersi la storia del
Marocco com Rachid e Simo, della gioventù con Vito, Cicco e
Nicoletta. Taccio e rimugino i torti presunti. Che girano intorno al
semplice fatto che non mi sento abbastanza seguito, mentre ognuno fa
quello che gli piace. Tutti meno io.
Macain tace interdetto. D'altra
parte non ha capito nemmeno ieri sera quando gli ho risposto che le
mie mezzore valgono più delle sue. E' che alla fine mi si
riempiono, soprattutto se quando vengono a trovarmi si impossessano
del Pc per entrare in Orkut, si strafondano sul divano a dormire, si
bevono tutta la coca e chiedono cosa c'è da mangiare. E non
accennano a dare una mano per lavare i piatti. Alla fine voleva
vedere un film sul Pc, Ninja assassino, ma poi la
ragazza l'ha chiamato sul cellulare. Dopo dieci minuti gli ho detto:
guarda che adesso metto il film.
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"No, no, aspettami..." e se n'è
stato un'altra mezzora al telefono. Io non me ne sto con le mani in
mano. Ho messo il Cd e pronto, me lo sono gustato... Quando è sceso
ha detto: "Ah, bella considerazione!
Non gli ho risposto che quello che
richiedeva la mia dignità. Che poi è vero, certe vite sembrano
attestate un gradino sopra i rami degli alberi...
9 apr 10
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°°°o0§0o°°°

°°°o0§0o°°°
Gomme:
il loro destino è impolverarsi, infangarsi, scorticarsi, volvere
prone sul bitume rovente come serve umiliate, a volte finire in
un faló, compagne di altre schiave, che bruciano la propria
dignità sul ciglio di una statale.
da :
ciaobrasile
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Tecnologia
di campanile e terzo mondo
L'italianissima Telecom,
presente in Brasile con la sua Tim, ha già dichiarato che il
Paese verde-oro è uno dei suoi prediletti per
sviluppo potenziale. Le danno ragione i numeri dei profitti,
sbandierati nelle assemblee degli azionisti ed accolti con applausi
dall'orgoglio nazionale. Ma vediamo come fa la Tim a guadagnarci. |
Occhi silenziosi
Dalla
Fiera Nordestina alla stazione del Metrò ci sono trenta
minuti di passeggiata. All'andata siamo venuti in taxi,
10 reais che ci han tolto il piacere di un tranquillo
bagno di sole.
Alle otto di sera anche il taxista ci
sconsiglia la traversata. A quest'ora della notte, dice,
non è consigliabile. In realtà ci apostrofa un po' più
crudamente con un siete matti?
Noi pensiamo che non sia il caso di
rischiare e concordiamo di tornare in taxi almeno fino
alla stazione di Sao Cristovao.
Ma la faccia del taxista non migliora. Sembra che il
problema sia proprio quella area della città. "E'
una delle zone più pericolose", continua. "Non
ve lo consiglio". A noi sembra che voglia portarci
fino in centro per raddoppiare il guadagno, per cui
rimaniamo fermi sulla nostra decisione. No, no, va bene
alla stazione del Metrò.
Nella corsa comunque le sue perole mi
continuano a ronzare, per cui timidamente faccio i miei
preparativi: tolgo dal marsupio i soldi, la tessera del
metrò, le chiavi di casa. Poi ci ripenso e tolgo anche
il cellulare e la scheda della macchina fotografica.
Come sempre, ligio alle mie regole di
viaggiatore solitario, conto di dividere
il rischio in più tasche. Solo che di tasca ne ho una
sola: quella posteriore della bermuda, visto che
provengo dalla spiaggia di Copacabana.
Fa niente: ingozzo la tasca e chiudo
il posteriore col velcro, lasciando un vistoso bozzolo
uscire dal mio posteriore. La kanga e il borsello li
metto nel sacchetto del formaggio. Arriviamo alla
stazione del metrò, la strada è deserta, illuminata da
una luce giallastra, diamo i 10 reais all'autista che se
ne fugge a razzo. Hum, brutto segno. Scendiamo e ci
avviamo sulla rampa. Sagone stese all'intorno. Proprio
di fronte a noi si parano due ragazzi scamiciati, che
non credo si siano lavati negli ultimi trenta giorni.
"Tio, tio, hai una moneta perchè possiamo andare
a comprarci qualcosa per la cena?"
Incasso la testa nelle spalle e
allungo il passo. Alan, coi suoi centoventi chili di
gringo americano, fatica a tenere il passo.
"Tio, tio, solo una moneta per
mangiare qualcosa.
"Nao, non ne ho..." rispondo secco
senza cadere nel tranello di guardarli negli occhi e
sguscio determinato verso la rampa, strappandomi al loro
placcaggio. Un ragazzo stringe Alan vero la gradinata.
Un po' di soldi, solo un po'... insiste. Io
dico ad Alan "vieni, affrettatti" mentre inizio a
salire. I due balordi hanno chiuso il povero straniero
corpulento con una morsa a tenaglia e continuano a
infastidirlo, impedendogli quasi di camminare. A nulla
valgono i rifiuti, loro insistono, quasi allungano le
mani sulle sue tasche. Io insisto "Vieni via!" Sono
quasi a metà della rampa e odo un grido lacerante.
Nooooooooooooooo...
Noooooooooooooooooooooooooo!!!
Mi giro e scorgo i due ragazzi che
osservano Alan da mezzo metro di distanza, stupefatti
mentre lui continua a gridare isterico.
In cima alla rampa una guardia
osserva impassibile. Il suo mestiere forse è guardare,
quindi non interviene.
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La sortita ha
l'effetto voluto. Alan in un balzo mi raggiunge
e affiancati terminiamo qli ultimi ventri metri
solitari, fino all'entrata del Metrò. Passo
rapido la mia scheda e siamo al dilà delle
sbarre.
"Alan, sei impazzito?
"Che c'è?
"Ti sei messo a gridare come
un isterico: Non si fa, sei matto? E se uno
aveva un coltello o un cacciavite? Lo sai che
hai rischiato grosso?
Mi guarda stralunato, come un bambino sorpreso a
rubare la marmellata.
"Mi stavano rompendo le
palle..."
"E sei fortunato che non ti hanno rotto la
testa. Qui la tecnica è far finta di niente e
attraversare in fretta senza fermarsi. Loro sono
in lotta col mondo in genere, che volevi fare, impersonificare
all'improvviso il loro nemico?
Anche il metrò e vuoto,
smontiamo a Presidente Vargas, semivuota al
sabato notte. Ci sono le casse elettroniche dove
Alan vorrebbe ritirare dei contanti. Glielo
sconsiglio.
Usciamo in strada, solo
qualche netturbino, rare auto, marginali che
rovistano nella spazzatura, corpi che si sistemano
sotto i cartoni del giaciglio, qualche menino con la
bottiglietta vuota alla bocca.
Attraversiamo la strada e ci
immergiamo nel budello che sbucherà a praça XV, il
suo imbarco per l'isola di Paquetà. Solo le luci
gialle ci accompagnano, nommeno sempre. Pure loro
non si addentrano nei viottoli laterali edlla città
violenta.
Alan mi parla in inglese e io lo
zittisco.
"Parla in portoghese e solo a
monosillabi, non facciamoci riconoscere..."
consiglio.
"Mi han sempre sconsigliato di
percorrere questo tratto da solo la notte..."
concorda.
"Infatti ti sto accompagnando"
faccio di rimando, stringendo il mio pollice in cima
al pugno, mentre quattro sbandati ci osservano al
dilà di un'aiuola.
"Dici che i mendicanti possano
svegliarsi e aggredirci?"
"No", spiego. "Quelli che dormono vogliono starsene
in pace pure loro. Sono gli zombie
che dobbiamo temere, i cracudos che
vagano nella notte in cerca di risorse per
drogarsi..."
Sentiamo delle ciabatte dietro di
noi, tre figure ci seguono a distanza. Affrettiamo
il passo, fino a intravedere due guardie a presidio
di una inferriata di centro commerciale.
"Pensi che quelli ci verrebbero
in soccorso?" fa lui.
"Non mi interessa sperimentarlo"
rispondo.
Ancora duecento metri e le luci
della avenida Primeiro di Maio ci accolgono con auto
di lusso stazionate davanti alla chiesa di Sao Josè,
gente ben vestita fuori in strada in attesa della
sposa.
A Rio è repentino il
cambio fra i fantasmi e le luci della ribalta. Sono
i virus della metropoli che si aggregano con
velocità, ombre rapaci e lusso repentino.
Costeggiamo la facciata portoghese del Museo del
Palacio Imperial e sbuchiamo davanti
all'imbarcadero.
Sono quasi le nove, pochi minuti
e Alan tornerà nella sua isola senza auto e senza
civiltà, probabilmente senza nemmeno le paure della
notte.
Io, atteso da Roberto a Copacabana per una cena fra
amici, me ne torno sui miei passi, inghiottito dai
muri con gli occhi invisibili...
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End of Rio
La
Prefeitura di Rio
ha organizzato per il fine settimana una tre giorni di svago
collettivo che coincide con la festa di San Jorge, quello
del dragone, caro alla città. Tutto fermo per una settimana,
abbinato alla festa di Tiradentes di mercoledì , un martire
di nome Joaquim José da Silva Xavier, che data la sua
professione di dentista ha inaugurato la prima festa
nazionale di categoria. Tutto fermo per una settimana, nel
perfetto stile carioca. Aspetterò lunedi per visitare il
buffet neoclassico del famoso Bar Colombo, allietato dal
pianobar, la biblioteca portoghese e l'imperdibile emporio
di saponi Gramado. Un po' di cultura generale da alternare
alle mie perlustrazioni di strada.
Ieri sera a Praça XV c'era Marcelo D2 e Cidade Negra dal
vivo, show gratuito nel dilagare generale di birre, salsicce
arrostite e caipirinhas a 2 reais all'insegna del Viradao
Carioca. E' la prova certa che gli alieni
esistono, ma che non abbiamo anticorpi per il
loro contagio. In una sana pausa ho passeggiato fino alla
vicina Lapa, alternando con un po' di samba de raiz dal
vivo e un carpaccio alla rucola in un locale più blasonato
tipo il Carioca da Gema.
A Rio ha fatto sole in queste ultime due settimane e questo
ha consentito la ripresa delle migrazioni in spiaggia perchè
la temperatura arrivava anche a 37 gradi, un'ottima
performance dopo il diluvio di inizio mese.
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Ma oggi già inizia a rannuvolarsi, così le previsioni
sono di un fin de semana meno promettente. Peccato,
perchè avevo il mio primo corso di surf con un amico
sulla punta di Arpoador, fra Copa e Ipanema. La partenza
incombe e io vorrei recuperare le ultime cosa piacevoli
che mi mancano. Ma è sempre così, quando ti dilunghi poi
ti si sfrigolano gli appuntamenti fra le dita. In linea
con l'immaginario del fannullone impenitente.
Dico sempre che di Rio ne ho avuto abbastanza, ma in
verità è una metropoli piena di risorse in continua
ebollizione. La gente racchiude un mondo di allegria in
poche pretese, io guardo le loro facce e i corpi che si
contorcono sotto il ritmo delle feste più che il palco
dei gruppi musicali, rapito dal loro beato viaggio senza
meta. Invidia.
Un momento di stanca mi prende verso le due di mattina,
in mezzo alla festa che sta bombando imperterrita.
Sarà che il tempo cambia anche qua, in questo splendido
autunno tropicale.
O è il pensiero delle valige che sto iniziando a
preparare. Riempendole di storie semplici, avventure
alla Jean Jenet fra ladri e perdigiorno, cene d'alto
bordo e salti nella sabbia. La solita paccotiglia del
viaggiatore incorreggibile, che presto si muterà in
nostalgia...
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