Gara fra Kombi.
Partono a razzo dalla piazzola, tu
pensi che se ne fregano delle sospensioni che scricchiolano sul pavé,
dei cerchioni che sbattono sulle lombade, le temibili
nervature messe lì a smorzare le velocità, senza alcun decreto su
altezze e conformazioni. Le trovi all'improvviso, segnalate da un
cartello quasi tutte, inconsapevole del motivo, magari fatte
dall'abitante della strada di fronte che non vuole uscire di casa e
trovarsi un'auto che sfreccia a razzo: ma le dimensioni le decide lui e
se il materiale che recupera sbatte sotto il pianale di ogni auto,
chisseneimporta.
Il
Van continua la corsa pazza anche sulla rotonda, affrontata in sfregio
alla forza centrifuga. Sei nel paese degli assi di formula 1, pensi un
po’ irritato. Il confort è opzionale, il rispetto della meccanica nullo.
Il guidatore aveva appena discusso con un collega sull’eventualità di
forare le scocca per mettere o no un filo di ferro a fermare la base di
un sedile. “E tu chi sei? Il proprietario? Il boss? Io un buco qua
sotto non lo faccio di jeito nehum…!”

La
corsa prosegue e nessuno ti chiede il biglietto, Gettano sguardi sul
retrovisore, il cosiddetto bigliettaio urlante rimasto in piedi piegato
sullo schienale gira la testa all’indietro, come a cercare un’orda di
indiani al’inseguimento. Appena raggiunta la comoda Linea Verde è tutto
un tirare di marce fino al collo. Un minuto ed è un vociare concitato.
“Filho da puta, caralho…!” Un altro van, un grosso Mercedes
argentato con la bozza dell'aria condizionata sul tetto, sorpassa a
fatica ma deciso sulla doppia linea continua, mentre la strada sale sale
verso un promontorio. Ha più potenza. Il nostro autista non dà segno di
decelerare, mentre la sommità della strada si avvicina e io mi aspetto
con un velo di ansietà il muso di un autobus o di un camion
apparire in senso contrario.
Finalmente il Mercedes passa e continua la sua corsa guadagnando metri
ulteriori. All’interno è sceso un silenzio pesante. Inizio a capire: è
un concorrente di un’altra cooperativa di trasporto viaggiatori, che
appena il nostro è partito, lo ha raggiunto e superato, per rubargli i
clienti in attesa alle fermate. Dopo quattro chilometri appare la
rotonda di Pojuca, che noi affrontiamo a velocità un po’
eccessiva, sobbalzando sulla ennesima lombada, sperando di
sopravanzare il concorrente che si è fermato a raccogliere una mamma con
la spesa e un nero con la mochila, Ecco, adesso dovremmo
ristabilire il primato, immagino. “Para aì, para aì…!”, urla il
bigliettaio. Un attimo di incertezza, poi il motorista frena stizzito.
Meno male che siamo seduti.
ReD AlerRt
I racconti di barkus da leggere con le cinture allacciate


Praia do Forte - Bahia

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Ci fermiamo intraversati sul ciglio della
strada, il portello scorrevole si apre violento per far scendere di
fretta due mesti viaggiatori, mentre il Mercedes dietro di noi riparte e
ci supera con un offensivo urlo del motore.

Di
lì in avanti non c’è storia, ci siamo tutti arresi alla sorte e alla
superiorità di tattica e potenza. Il motorista ripone l’acceleratore in
posizione di vittima, mentre agguanta il cellulare che l’altro gli
porge. “vaffan…, chi è il guidatore di quel van? Voglio sapere il
nome, cazzo! Amico, siamo compagni, mi diceva alla partenza. Compagni un
cazzo… appena partito mi ha superato per rubarmi la strada!... ah, è uno
nuovo? Ma devi dirgli che non si fa così, siamo tutti qui per lavorare,
no…?”
Mestamente proseguiamo per la via lunga e assolata, spolpata di clienti,
poi dopo un po’ prendiamo un ritorno e cambiamo per la corsia opposta.
“Ci fermiamo un attimo qui a Jojuba, gente… facciamo presto…”
Che? Non andremo mica a menar le mani? Siamo tutti silenziosi e
partecipativi, almeno idealmente, ma ad addentrarmi nelle beghe di una
cooperativa di trasporto, magari al limite dl legale, non ci sto
proprio. Diamo un giro al lungomare, il copilota con la testa fuori
grida Salvador, Litoral, Yguatemi!, con una nota di disperazione
nella voce, apostrofando ogni cane che va ignaro per la sua strada.
Fortunatamente ne becchiamo due. Tutto il kombi esulta.
Ora un po' più
calmi riprendiamo la strada per Salvador, mentre ad ogni fermata il
copilota scende dalla postazione fino sul marciapiede, a cercare di
convincere indecisi e renitenti a salire sul suo furgoncino, magari
trattando sul prezzo. Io intanto avevo pagato i miei 3 reais con due
note da 2, e ancora aspetto il resto.

Non lo vedrò mai. Qui siamo tutti compagni, si dividono lotte, sobbalzi,
sacrifici e perdite…
bahia 7 april 2011
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