
Sto
assistendo all'incorporazione dell'entità umbanda di Maria Farrapo
in un giovane della favela di Vila Uniao, una comunità nei sobborghi
del quartiere Pavuna, quando la televisione passa una notizia
dell'ultima ora: un edificio commerciale nel centro della città è
improvvisamente crollato. La zona è proprio a ridosso del Teatro
Municipale, un'area molto frequentata di giorno e di notte. Non si
conoscono le cause, il numero delle vittime, i pericoli collegati
agli edifici vicini. Si teme per l'integrità della struttura della
metropolitana che passa lì sotto.
Mi
accommiato dalla veggente e risalgo la strada male illuminata, alla
ricerca di un bus che mi porti alla stazione del metrò. Quando ci
arrivo, manca poco a mezzanotte e alla chiusura delle linee. Mi
imbarco circondato da poche persone, tutti già commentano
l'accaduto. L'edificio era sede di uffici di una banca, oltre ad
altre attività commerciali, il primo e secondo piano erano in
restauro. Un errore di calcolo? Una fuoriuscita di gas? Tutti
concordano nel considerare una grande fortuna il fatto che il crollo
sia avvenuto a un'ora così tarda, con gli uffici chiusi. A
mezzogiorno avrebbe fatto una strage di lavoratori e passanti. E' il
solito Brasile "abençoado por Deus", qualcuno commenta serio,
benedetto da Dio anche nelle disgrazie.

Il
percorso è lungo. Dovrei passare proprio sotto la piazza di
Cinelandia, quella colpita dal crollo, per scendere due fermate
dopo. Giunto a un paio di fermate dal luogo disastrato,
l'altoparlante interno avvisa che il metrò si fermerà
obbligatoriamente alla stazione Centrale. La linea è stata chiusa
per motivi precauzionali. Mi trovo ad emergere all'una di notte nel
calore infernale di una città in preda alla calura estiva e alle
emergenze del dopo disastro, alla ricerca di un mezzo per
raggiungere casa.
Il
giorno dopo si viene a sapere che nei lavori di ristrutturazione,
fatti senza il benestare del Comune, qualcuno ha demolito la colonna
portante. L'edificio, crollando si è trascinato a terra anche un
secondo grattacielo, e una terza palazzina non ha retto al terremoto
di entrambi. Restano a vista gli i muri confinanti dei palazzi
adiacenti, nudi come camicie da notte ad una festa d'ambasciata. Inizia il trito processo mediatico alla irresponsabilità
degli organi competenti, alla rivoltante pantomima di connivenza e
bustarelle. Fra le ceneri di ciò che appare una Ground Zero carioca,
un operatore della televisione SBT mi vede tirare foto
e coglie l'occasione per intervistare il turista straniero,
soddisfatto di estorcere indignazione sul fatto che un tale disastro
possa accadere alla città che fra due anni riceverà milioni di
persone ad assistere ai mondiali di calcio.
Anche
nel terzo mondo, come nelle civiltà europee evolute, tragedie e
scandali alla fine si riducono al solito giramento di palle...


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Rio nel 2012

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